In Sicilia non è estate, se non c’è la granita. È un rito irrinunciabile in vari momenti della giornata, ottima sostituzione del pranzo o dopo cena quando arrivano i picchi di caldo torrido come le temperature roventi delle ultime settimane. La ricetta è facile da realizzare anche a casa e nasce dalla mescolanza di ingredienti semplici. È uno dei prodotti iconici della pasticceria isolana che racconta la storia della Sicilia, crogiolo culturale di civiltà secolari, tradizioni, colori, sapori e bontà.
Origine e storia della granita siciliana
La genesi del dessert è da ricercarsi nelle neviere dell’Hindu Kush, catena montuosa che abbraccia il confine tra Afghanistan e Pakistan, dove venne ideato nel 2000 a.C. La granita è figlia della felice contaminazione tra gli Arabi, che in Sicilia introdussero lo sharbat o sherbet (sorbetto), bevanda tipica del Medio Oriente e dell’Asia meridionale composta da ghiaccio o neve, zucchero di canna, aromatizzata con succhi di frutta, petali di fiori, e l’usanza trasferita ai nobili siciliani di mandare i “nivaroli” a raccogliere la neve sui Nebrodi, Peloritani, Iblei e sull’Etna per conservarla in manufatti di pietra nelle grotte vulcaniche (le neviere) durante l’inverno e usarla nella stagione calda per raffreddare cibo e bevande.
Dalle neviere alla granita siciliana
L’impiego della neve nell’isola ha tradizioni antichissime. Sin dal Medioevo le diocesi di Catania, Monreale e Palermo usavano quella estratta dai monti. Era grattata e utilizzata nella preparazione di sorbetti e gelati per contrastare le giornate di calura. La granita così ottenuta era nota fino agli inizi del Novecento col nome di “rattata” (grattata) e il ghiaccio era miscelato a spremute di limoni, sciroppo di frutta o fiori. Reperirlo è sempre stato costoso, le neviere erano quasi dei luoghi sacri che testimoniavano il peso economico-sociale di avere il ghiaccio disponibile durante l’anno.
Dal pozzetto alla gelatiera
Nel XVI secolo la ricetta dello sherbet migliorò molto grazie all’espediente di unire al sale marino la neve raccolta, che diventa elemento refrigerante causando una diminuzione della temperatura. Da tale mistura si ottenne una soluzione eutettica, il cui punto di fusione è più basso di quello delle singole sostanze che la compongono. Da qui si spiega l’equilibrio della granita che dovrà essere una morbida carezza per il palato, senza pezzetti di ghiaccio. Si giunge a questa consistenza mediante la mantecazione nel pozzetto, un tino di legno contenente un recipiente di zinco che può essere girato con una manovella. Nell’intercapedine si pone una miscela di neve e sale, chiusa da un sacco di juta pressato e arrotolato, che congela il contenuto per sottrazione di calore e con il movimento rotatorio inibisce la formazione di cristalli di ghiaccio. Così la granita, mescolata e congelata, manteneva inalterata la sua freschezza. Durante il XX secolo acqua e zucchero sostituiscono neve e miele. Il pozzetto manuale lascia spazio alla gelatiera permettendo di produrre un impasto dalla cremosità superlativa, rinomata in tutto il mondo col nome di “Granita Siciliana”.
I gusti della granita siciliana
A seconda della collocazione geografica, in Sicilia, la granita è declinata nelle versioni più disparate. Nel messinese le specialità tipiche sono alla fragola o al caffè, servite con la panna. Se passate dalla città dello Stretto ricordate di ordinare la “mezza con panna”, come si usa qui. A Catania tra le più gettonate c’è quella al pistacchio di Bronte e la minnulata (alle mandorle), seguita da cioccolato e gelsi. Gusto simbolo nelle città di Ragusa e Siracusa è la variante alla mandorla, che nel Modicano può essere abbrustolita. Da provare a Trapani e a San Vito Lo Capo, la tradizionale scursunera all’essenza di gelsomino. A Palermo la tipologia di granita è molto simile alle origini, più granulosa. È accesa la disputa per la paternità del prodotto tra le città dell’isola, ma senza dubbio l’esclusività appartiene al versante orientale.

In Sicilia la granita si gusta con la brioche
Originariamente la granita si accompagnava al pane croccante, sostituito nel tempo dalla brioche siciliana: una soffice meraviglia a forma semisferica preparata con pasta lievitata all’uovo e sormontata dal tuppu, pallina di dimensioni minori che sovrasta quella più grande. La classica colazione siciliana è, difatti, “a granita ca’ brioscia”.
L’origine della granita al limone
All’inizio, secondo la storia, la granita nasce al limone. Nel 1500, come in altre regioni d’Europa, la Sicilia affrontò il flagello della peste. Molti trattati dedicati alla malattia esortavano a bere acqua zuccherata fredda con succo di limone e aceto, a condizione che il paziente fosse giovane e si trovasse in una regione calda (nel sud della Spagna o dell’Italia). Autorevoli fonti riportano che tutti gli autori, come ad esempio Marsilio Ficino, erano a favore di bevande freddissime e seguaci di Galeno, il quale consigliava acqua fredda o gelida oltre al salasso. Nel 1618 Mario Paramato pubblica a Napoli il trattato De potu frigido, dove menziona una pozione a base di acqua gelida mista a ghiaccio e sale, che ha la capacità di conservare qualcosa di deperibile. Tale prassi terapeutica fu avvalorata anche da Filippo Baldini, medico napoletano che scrisse un’opera dedicata ai benefici di gelati e sorbetti, soprattutto al limone in caso di febbre o calcoli.
Dalla moda delle bevande fredde alla granita al limone
Questo metodo basato sul miscuglio di ghiaccio e sale, adottato nelle farmacie per preparare medicine gelide, condusse al congelamento di sciroppi e bevande dissetanti richieste agli speziali, senza prescrizione medica, da parte di gente facoltosa. I messinesi preparavano il sorbetto orientale, bevanda con dentro ghiaccio che si scioglie, con sciroppi pregevoli importati dall’Oriente. Gli igienisti dell’epoca ritenevano che fosse meglio raffreddare le bevande tramite contatto e individuarono nella suddetta mistura il miglior procedimento. Data la presenza a Messina di una delle migliori facoltà di medicina, ben presto in estate fu necessario contrastare le febbri malariche con un rimedio che era l’unico ristoro per il malato. Si trattava di un sorbetto freddo, genuino con un liquido che si congela: la cosiddetta granita al limone.

La ricetta della granita al limone
Questa deliziosa chicca della tradizione culinaria siciliana è ideale per affrontare il caldo soffocante di certi pomeriggi estivi. La ricetta si può preparare a casa in 5 minuti:
Ingredienti
- 1L. d’acqua;
- 400 gr. di zucchero;
- 450 ml. di succo di limone.
Preparazione
Si raccomanda la scelta di agrumi biologici e appena raccolti. Spremiamoli con lo spremiagrumi fino ad ottenere la quantità consigliata, poi filtriamo il succo. Versiamo l’acqua in una pentola, aggiungiamo lo zucchero e accendiamo la fiamma, mescolando senza raggiungere il bollore. Uniamo il succo di limone, mescoliamo, versiamo in un recipiente e poniamo nel congelatore per 4-5 ore, mescolando ogni ora circa con la forchetta fino ad avere la consistenza desiderata. Ed ecco che la freschissima granita al limone siciliana sarà pronta da servire.