Il Piacentinu ennese, pregiato formaggio allo zafferano e vanto dei casari siciliani, ha origini antiche e leggendarie. Si dice che salvò la regina normanna ma anche che versi lacrime.
Pasta dura e compatta, crosta caratterizzata da solchi e tipico colore giallo oro conferitogli dallo zafferano macchiato dal nero del pepe in grani.
Un formaggio dal sapore intenso che si divide tra il piccante e il dolciastro, “che piace” e che si crede da questo prenda il nome. C’è poi chi pensa che si chiami “piacentinu” perché prima della stagionatura lacrima siero e pare “pianga”.
L’etimologia incerta però spinge a tornare indietro nel tempo e più precisamente all’ XI secolo.
Il Piacentinu ennese tra storia e leggenda
Quella del Piacentino Ennese, oggi presidio slow food, è infatti una storia legata alla Sicilia normanna.
Nel 1061 Ruggero d’Altavilla invade l’isola insieme al fratello Roberto, correndo in aiuto dell’emiro di Catania Ibn al-Thumna in guerra con il cognato emiro di Agrigento. Ruggero avanza fino a Castrogiovanni (oggi Enna) trasferendo la sua residenza in provincia e precisamente a Troina. Nel 1087 sposa in terze nozze Adelasia del Vasto divenuta poi Gran Contessa di Sicilia.
La leggenda narra che la regina venuta dal Piemonte cadde in una profonda depressione. Il marito, conoscendo la sua debolezza per i formaggi, chiese ai casari siciliani di crearne uno ad hoc con proprietà “rivitalizzanti” per aiutare la moglie a uscire da quello stato di astenia e tristezza.
Fu così che lo “za’ frãn”, lo zafferano, conosciuto proprio come spezia dalle incredibili proprietà curative, tra cui quelle antidepressive ed energizzanti, venne mescolato al latte di pecora e a un’altra spezia antidepressiva per eccellenza: il pepe nero. Nacque il Piacentinu Ennese.
Adelasia guarì totalmente e dopo la morte del marito nel 1101, divenne reggente della Contea di Sicilia.
Qualcuno suppone che in realtà a produrre il miracoloso pecorino furono i Piacentini, da cui il nome, sbarcati con la regina per ripopolare la parte centro orientale dell’isola.
Eppure di un formaggio prodotto con gli stimmi puri di zafferano di Sicilia si hanno testimonianze scritte già nel IV secolo d. C., quando lo storico romano Gallo racconta dei sistemi di salatura e dell’aggiunta dello zafferano per conferire il colore tipico.
U Piacentinu oggi: Dop e Slow food
Qualunque sia la vera storia legata all’etimologia, oggi quella del piacentinu ennese è la millesima denominazione di origine protetta registrata in Europa e il pecorino ennese è presidio Slow Food.
E’ prodotto esclusivamente con latte ovino, intero e crudo, proveniente dalle razze siciliane Comisana, Pinzirita e Valle del Belice. La zona di produzione copre l’intero territorio del centro della Sicilia con i comuni di Enna, Aidone, Assoro, Barrafranca, Calascibetta, Piazza Armerina, Pietraperzia e Valguarnera.
Il latte utilizzato per la produzione è già particolarmente saporito in quanto le pecore sono alimentate principalmente a veccia. Nel Piacentinu Ennese DOP è stata riscontrata la presenza di un particolare terpene, l’aterponeolo, che proviene solo dalle essenze foraggere presenti nel territorio ennese.
Produzione tradizionale secondo il disciplinare
Uno degli aspetti più affascinanti è quello legato alla produzione del piacentinu ennesse, formaggio unico nel suo genere per colore e sapore. I metodi sono infatti ancora prettamente tradizionali.
Il latte crudo scaldato a una temperatura massima di 38° viene versato, filtrandolo con setacci, in una tina di legno, dove viene fatto coagulare aggiungendo caglio di agnello o capretto.
A parte, prima di aggiungere il caglio, lo zafferano viene sciolto in acqua tiepida. La cagliata viene quindi frantumata con un bastone di legno detto rotula, in granuli grossolani che vengono posti in canestri di giunco per la formatura, processo che restituisce il caratteristico intreccio sulla crosta del formaggio. A questo punto si aggiungono i grani di pepe nero in maniera da averne una distribuzione omogenea.
La salatura avviene rigorosamente a secco e su entrambe le facce ribaltando continuamente la forma. Inizia quindi la stagionatura che sarà al minimo di 60 giorni.
Piacentinu zafferano e pepe: come abbinarlo
Tradizionalmente usato per farcire il capretto imbottito, abbinato a frutta fresca o secca o a tipiche pietanze come la caponata o degustato puro a fine pasto, anche il piacentinu ennese ha visto mutare nel tempo il suo utilizzo fino a diventare gourmet.
Lo Chef Rosario Umbriaco, ennese proprietario della Tavola Calda Europa e famoso per le sue sperimentazioni in ambito street food, ne ha fatto un ingrediente principe del suo arancino gourmet: due strati di riso con ricotta fresca e fonduta di piacentino ennese.
Quale vino accostare a un formaggio così particolare?
Sapido, dolciastro e leggermente acido, più o meno piccante secondo la stagionatura, il “piacentinu” ennese è solitamente consigliato in abbinamento a vini tannici con buon corpo e buona acidità come i rossi siciliani Nero d’Avola, Syrah e Cerasuolo di Vittoria. Il pecorino ennese si degusta, però, in abbinamento anche a vini di uguale persistenza, dal profumo netto e intenso come Primitivo, Barbera, Valpolicella Ripasso o Cannonau.
Lo scorso settembre a ViniMilo importante manifestazione enoica siciliana, è stato proposto in abbinamento con lo Zibibbo secco Hègadis di Baglio Reale.
Piacentinu ennese: i produttori
Se leggendo vi è venuta l’acquolina in bocca, eccovi di seguito i produttori riconosciuti di Piacentinu ennese:
- Casearia Di Venti di Pietro Di Venti Contrada Tresaudo Calascibetta (En)
- Caseificio Valvo di Giuseppe Savarese Contrada Salerno, 1 Enna
- Il Cavalcatore di Gaetano Nicoletti Contrada Cavalcatore Assoro (En)
- Centroform di Giuseppe Caruso Contrada Montagna Aidone (En)
- Caseificio Raja di Paolo Cottonaro, Contrada Raja S.S. 121 Km 98.8 Enna
- Giuseppe Spitale Contrada Canneti Enna
- Tenuta Bubudello di Luigi Faraci Contrada Bubudello Enna