Bar Biffi Lecce: alla scoperta di un locale iconico e delle peculiarità del caffè salentino
Nel Salento le belle giornate vanno ben oltre l’estate, e al primo sole è facilissimo trovare chi vuole concedersi un anticipo della bella stagione ordinando un tipico caffè leccese al bar.
Per conoscere meglio questa preparazione caratteristica della città, ci siamo fatti preparare un caffè leccese in uno dei bar storici della città, il Bar Biffi, tra i pochi ad avere mantenuto una ricetta unica e inconfondibile.
Bar Biffi Lecce: una storia lunga
Il Bar Biffi si trova a Lecce in via Archimede Costadura, 31, angolo con via IV Novembre, da diversi anni prima che Giuseppe e Rosalba Patti lo rilevassero nel 1979. “Quando lo acquistammo si chiamava già così e abbiamo voluto lasciare il nome – racconta Rosalba, ma ancora prima, negli anni Cinquanta, era conosciuto come ‘Bar Perù’”.
Giuseppe, suo marito, interviene in proposito. “Uno dei nostri più affezionati clienti – rivela – ha cominciato a lavorare proprio al Bar Perù, e ancora oggi, tutti i giorni, viene da noi a prendere il caffè e a ricordare di quando faceva tanta strada a piedi, da dodicenne, per portare i caffè ordinati nelle scuole e negli uffici della zona. Quel ragazzo tanto solerte era Pantaleo Corvino, storico direttore sportivo dell’Unione Sportiva Lecce. Ha fatto per tanti anni anche le fortune della Fiorentina ed è ora tornato a ‘casa’ per riportare i giallorossi in Serie A anche con i suoi acquisti”.
Da quando la proprietà della squadra è tornata nella sua sede storica, sempre in via Costadura, la quotidianità del Biffi è tornata a intrecciarsi con quella della dirigenza giallorossa. E non solo: “Almeno una volta all’anno passa da noi mister Antonio Conte, che viene a trovare i suoi genitori. E poi suo fratello, Daniele, è un amico d’infanzia di nostro figlio Pierpaolo”.
Bar Biffi Lecce, il ricordo degli anni d’oro
Gli anni d’oro del bar, ricorda Rosalba, sono stati proprio quelli di fine anni Novanta e del primo decennio del Duemila, quando la televisione satellitare permetteva la visione delle partite nei locali e la squadra cittadina raggiungeva risultati da record nella massima serie: “Ci siamo organizzati per accogliere i nostri clienti a qualsiasi orario, sia quando c’erano i grandi incontri e le partite dei mondiali, sia quando il Lecce era in trasferta, magari serale. Ci siamo anche divertiti tanto. Avevamo una balaustra che permetteva agli ospiti di stare più comodi sui tavolini e guardare gli schermi”.
Il ricordo della notte del 1991
Ma quella del Bar Biffi è anche una storia legata alle vicissitudini della Giustizia. I titolari ricordano bene la notte del 20 novembre 1991, quando una bomba ridusse in cenere alcune auto e un garage di fronte al Tribunale, perché di lì a qualche mese si sarebbe tenuto il maxiprocesso alla Sacra Corona Unita. Sconfitta, in quel periodo, da una figura di riferimento nella magistratura nazionale, l’ex procuratore Cataldo Motta, altro cliente assiduo: ”Una persona rara – dice Rosalba -, molto umile, gentile, ma anche disposto alla convivialità”.
Bar Biffi Lecce ed il mondo del cinema
Manca il cinema, con Lecce che propone il suo cuore barocco alle produzioni nazionali e internazionali. C’è un felice connubio tra la città, l’Apulia Film Commission e il regista Ferzan Özpetek, che qui ha ambientato diverse pellicole. La prima di queste, “Mine Vaganti”, vedeva tra i protagonisti un giovane Riccardo Scamarcio.
Ricorda Rosalba: “Per alcuni pomeriggi era venuto questo ragazzo bellissimo, molto gentile, a volte con dei jeans strappati. Mai visto prima. Era insieme a un’altra persona e ordinavano sempre un paio di crodini. Stavano un bel po’, si rilassavano, e poi andavano via. L’ultima volta, dopo aver preso la sua ordinazione, vado verso il bancone, mentre entravano alcune studentesse. Le sento urlare ‘Scamarcio!’ e faccio un salto. Lui sorride, firma autografi. Da quel giorno non l’ho più visto. Non so se è perché era stato ‘scoperto’ o se avevano finito le riprese”.
Bar Biffi Lecce, una storia di famiglia
Giuseppe e Rosalba sono diventati proprietari del Bar Biffi a Lecce per amore. Rosalba racconta: “A 18 anni alloggiavo al Jolly Hotel di Taranto per le gare regionali di atletica delle scuole. Se mi fossi piazzata tra le prime dieci sarei andata alle nazionali. Ho chiesto se nel menù si poteva avere la frutta al posto del dolce. Questa cosa non era prevista, ma un cameriere dell’hotel, Giuseppe, con il quale ci sono dieci mesi di differenza, è riuscito ad accontentarmi preparando un bel piatto di frutta fresca”.
“Ci siamo scambiati i numeri, ma come facevano tutti i ragazzi. Invece qualche mese dopo è venuto sotto casa mia a Lecce. Nel 1976 ci siamo sposati e nonostante la mia iscrizione alla Facoltà di Lettere moderne, a 22 anni ho scelto di lavorare in questo locale con mio marito. All’inizio è stato molto difficile. Alcuni clienti davano per scontato che nei bar si potessero trovare solo certi tipi di donne, ma con garbo abbiamo provato a metterli al loro posto. Del lavoro nel bar io non sapevo nulla, tanto che una volta un cliente mi chiese una sambuca con la mosca.
Io, con disgusto, pensai a dove poter trovare una mosca e metterla nel bicchiere, ma siccome l’idea mi faceva schifo, chiesi a Giuseppe, che mi tranquillizzò e mi disse che si trattava di due chicchi di caffè”.
Racconta Giuseppe: “Io sono di Palermo, ho frequentato l’alberghiero a Sciacca e dai 16 anni ho sempre lavorato. Sono entrato nella catena Jolly Hotel e ho lavorato a Taranto e Milano, ma con la famiglia ho scelto di avviare l’attività in proprio”.
L’attenzione per la tradizione
L’impronta siciliana di Giuseppe si vede: ha voluto mantenere lo storico spremiagrumi, un piccolo gioiello, tra gli unici cimeli sopravvissuti alle altre proprietà. La mantecatura di gelati e granite, ma anche la preparazione del tè come una volta ne sono un riflesso. E fino a prima della pandemia proponeva tra i dolci dei rinomati cannoli da farcire sul momento con una ricotta fatta arrivare dall’isola e condita poi con cioccolato, canditi e granella di pistacchi e mandorle. Una prelibatezza che ha sempre contraddistinto il bar.
Il futuro del bar
“Poi è arrivato Pierpaolo – prosegue Rosalba – e siamo contentissimi di essere riusciti a farlo studiare come quel brillante avvocato che è diventato”.
Rosalba mostra con orgoglio il banco con i baristi in cartapesta che suo figlio le ha regalato in occasione dell’inaugurazione del bar dopo la ristrutturazione del 2000, che è costata molti sacrifici e della quale entrambi i titolari sono molto fieri.
“In questo modo abbiamo proseguito al meglio con il servizio ai clienti, abbiamo dovuto eliminare parte del laboratorio, dove ora prepariamo solo il gelato. Ci occupiamo di servire i clienti nella pausa pranzo, proponendo almeno due o tre primi, due secondi e sempre dei contorni appetitosi. Mi piace dire che siamo l’alternativa sana e gustosa al panino da casa”.
“E ci siamo goduti nostro nipote Simone, del quale abbiamo subito notato la voglia di stare qui a lavorare sin da piccolo. Così gli abbiamo fatto fare una formazione ed eccolo qui”.
Anche Simone interviene: “Sono qui da diciotto anni prima per curiosità e passione, ma sono stato assunto da undici anni”. Simone è anche il futuro del Bar Biffi: “Spero di proseguire in questa attività e magari di organizzare anche delle serate con musica, molto presto”. “La cosa che più amo – conclude- è il rapporto con i clienti. E poi la preparazione del nostro caffè leccese!”.
La storia del caffè leccese
Il caffè leccese riprende l’idea di una bevanda forte, ma fresca e dissetante, da bere con gusto anche alle temperature più alte.
L’idea è mutuata dal forte legame che la Puglia ha avuto con la lunga dominazione spagnola. Proprio in Spagna, dal Seicento si è diffusa l’abitudine valenciana del “cafè del tiempo”, che oggi è un espresso con ghiaccio e limone.
Curioso come gli agrumi siano rimasti nell’aromatizzazione del caffè caldo nei territori della Valle d’Itria, ma non il ghiaccio, che è rimasto, senza agrumi, nel Salento.
Negli anni Cinquanta, Antonio Quarta, proprietario del più famoso marchio di torrefazione locale, il Caffè Quarta, proponeva per primo questo prodotto ai clienti del suo locale.
All’epoca non esisteva una commercializzazione del ghiaccio, così lui lo preparava in blocchi e lo picconava grossolanamente. Ci aggiungeva poi una tazzina del suo espresso, zuccherato caldo a piacimento.
Questa è la versione base e amatissima del caffè leccese. Da qui in poi c’è tutta un’altra storia, che ci facciamo raccontare dal signor Giuseppe Patti, titolare del Bar Biffi.
Il Bar Biffi e i segreti del caffè leccese
Racconta il signor Giuseppe: “Quando aprimmo il bar, ancora non c’era l’abitudine di aggiungere niente al caffè in ghiaccio. Di sicuro, però, si capisce che è importante che il ghiaccio sia in pezzi molto grossi, perché deve raffreddare, ma non annacquare il caffè. Se ci sono frammenti piccoli, si sciolgono e lo rovinano. Ovviamente, il caffè va zuccherato a parte e non nel ghiaccio, perché se no resta amaro”.
La rivoluzione avviene con l’aggiunta del latte di mandorla: “Per rendere più dolce il caffè, alla fine degli anni Settanta si è cominciata a diffondere l’abitudine di aggiungere l’orzata. Questa, però, è così forte e dolciastra che il caffè non si sente più. Il latte di mandorla, che in realtà è lo sciroppo a base di zucchero e mandorle, invece è perfetto”.
Giuseppe ha una sua teoria sulla diffusione del caffè in ghiaccio con il latte di mandorla: “Nella disponibilità delle bottiglie di sciroppi era sempre presente. Qualcuno avrà sbagliato a prendere l’orzata e il risultato è stato quello di trovare il gusto più adatto”.
Perché il caffè leccese del Bar Biffi è così apprezzato? “Perché noi lo ‘soffiamo’ e lo rendiamo ancora più piacevole e dissetante. Al normale procedimento, aggiungiamo il vapore dalla macchina dell’espresso. Molti non si fidano pensando che ci buttiamo dentro anche il getto d’acqua, invece è solo quella quantità di vapore sufficiente a rendere tutto più cremoso, leggermente più lungo e dissetante, eliminando così la sete da dolce che può sopraggiungere se il latte di mandorla è troppo o non è così gradito”.
Il caffè leccese perfetto secondo il Bar Biffi
- Usare un bicchiere di vetro abbastanza capiente
- selezionare cinque o sei cubi grossi di ghiaccio
- fare un bel caffè ristretto
- girare il caffè nella tazzina, per evitare di farlo dopo
- versare il caffè nel bicchiere con il ghiaccio
- aggiungere due o tre cucchiaini di sciroppo di mandorla
- mescolare velocemente
- attivare il vaporizzatore della macchina del caffè espresso ed eliminare i getti d’acqua residua
- posizionare il bicchiere sotto il vaporizzatore e attivarlo per pochi secondi.
Se il risultato è una cremina soffice con le bolle d’aria, il caffè leccese alla maniera del Bar Biffi è servito.