In sala il pubblico è munito di mascherine e tenta un difficile distanziamento. Sul palco gli attori non hanno la mascherina, ma raccontano dei primi casi di strani mutamenti dell’uomo – animale infetto, colpito dalla ribellione di altri animali, come i pipistrelli. Sembra una delle rappresentazioni teatrali che avremmo potuto vedere in questi anni di pandemia e di restrizioni sanitarie. Invece è il 4 maggio 2019 e con lo spettacolo “Arrivano le bestie”, negli spazi di via Birago, 60, a Lecce, si inaugura la nuova sede di Asfalto Teatro, creatura che ha appena tagliato il traguardo dei vent’anni, frutto di una delle menti più brillanti del teatro contemporaneo in città, Aldo Gaetano Augieri.
Asfalto teatro a Lecce, l’intervista di Sood ad Aldo Augieri
Lo intervistiamo per conoscere il lato meno esplorato della contemporaneità cittadina.
Aldo Augieri: Asfalto, il teatro che ha conosciuto la strada
Oggi Asfalto è formato da Aldo Gaetano Augieri che scrive, produce e mette in scena i suoi spettacoli insieme a Simona Sansonetti e Giuseppe Vergori. Inoltre, Augieri dirige laboratori con gli studenti dell’UniSalento e i pazienti del Centro di salute mentale di Lecce. Ma è conosciuto come autore indipendente dai primi passi di Asfalto, nel 2001.
Un nome che ha scelto perché gli ricorda il percorso compiuto fino a quel momento: “Negli anni precedenti, quando mi stavo formando, accanto a laboratori teatrali sparsi in Italia ai quali partecipavo, ero un artista di strada, usavo cioè i trampoli, il monociclo e facevo lo sputafuoco. Amavo molto l’aspetto nomade di questo lavoro, il non avere sede, essere sempre in giro. Dopo aver lavorato con una compagnia di teatro-danza con Alessandro Berti e Michela Lucenti che si chiamava ‘L’impasto’, ho deciso di tornare a Lecce e fondare la mia compagnia, ma mi è rimasta la sensazione dell’asfalto che avevo calpestato e del girovagare”.
Idealmente, è rimasta anche l’idea di un teatro nomade, data la presenza prima nelle aule dell’Ateneo, poi in quel contenitore culturale che sono le Manifatture Knos a Lecce. Poco tempo dopo, però, il suo teatro ha dovuto far posto al Cineporto dell’Apulia Film Commission, una struttura nella quale si produce cinema. Solo nel 2019 è arrivata una sede riconoscibile per Asfalto, in via Birago, una periferia non troppo lontana dal centro, in un quartiere popolare molto vissuto come San Pio. E lo spettacolo inaugurale, come abbiamo scritto, raccontava della diffusione di un pericoloso contagio.
Asfalto, fare teatro contemporaneo in provincia
Cosa significa fare teatro in provincia? “Se abitassi in una grande città come Milano, Parigi o Londra, non penso che farei teatro, ma sarei contento di vivermi la vita che mi circola intorno. Non avrei questa urgenza che invece mi ritrovo a vivere in provincia” esordisce Aldo Gaetano Augieri. “La molla principale che mi fa fare teatro qui è prettamente la noia. Annoiandomi a morte ho trovato negli anni la mia sopravvivenza solo in questa evasione scenica, in questa evasione teatrale. Anche perché il teatro permette non solo di evadere dalla realtà, ma permette anche di avere amicizie o relazioni umane completamente differenti da quelle che accadono fuori”.
“Il termine evasione, comunque, non è prettamente giusto, perché c’è uno scambio fra la vita noiosa di provincia e la volontà di trovare delle fessure in cui insinuare la fantasia. Per me il teatro è questo: aprire fessure nella realtà e fare in modo che anche l’aspetto inconscio abbia la sua ragion d’essere”.
E se migliorasse qualcosa nel campo della cultura? “Se qualcosa qui dovesse migliorare nella cultura e l’aspetto della ricerca nel teatro dovesse svilupparsi sempre di più, andrei a fare il cameriere, perché non ci sarebbe più questa lotta, questa difficoltà, questa incredibile irragionevolezza che mi spinge a fare teatro qui”.
O magari cambieresti provincia? “Magari cambierei provincia e andrei ad Ascoli Piceno, che comunque è una cittadina che sono sempre stato curioso di visitare. Però, davvero, è una cosa alla quale ho pensato spesso quando sono andato all’estero: leggevo poco, scrivevo pochissimo, ero tutto immerso nell’andare nei bar e nei ristoranti la sera, trovarmi nelle situazioni in cui ero predisposto a vivere”.
Asfalto e la cifra del grottesco
Nei tuoi lavori questo aspetto grottesco, quasi caricaturale, emerge quasi sempre in modo inaspettato nel mezzo di trovate sorprendenti… “Da quando è cominciata la pandemia, ho raccontato un personaggio che si chiama padre Giulio, una sorta di missionario. Con lui ho fatto uno spettacolo che si chiama Nusquam, che significa ‘da nessuna parte’, e ne ho preparato un altro che avrebbe dovuto debuttare a gennaio 2022 che si chiama invece Ubique, che significa ‘dappertutto’.
Nel primo spettacolo questo prete vede la Madonna, dopo un incidente stradale, che gli dice di smetterla di pregare per la salvezza delle persone, perché ormai il mondo è marcio. Gli chiede invece di farsi esplodere insieme ad altri e con le loro anime raggiungerla per compiere una lotta diversa. Dopo una serie di riflessioni filosofiche e mistiche, padre Giulio si spoglia della sua tunica mostrando il suo corpo pieno di esplosivo. A questo punto in sala è calato il gelo. Fortunatamente a causa di un comico incidente l’esplosivo non si attiva”.
Ti interrompo per notare che hai avuto un ottimo tempismo nella scelta del personaggio, dato che le chiese sembrano essere rimaste indenni da provvedimenti restrittivi. ”Ci ho pensato, ma diciamo che per la svolta nella trama di cui ti ho parlato sarebbe stato complicato fare questo spettacolo in una chiesa. A me piace mescolare l’alto e il basso, l’intellettuale e l’ignorante. ‘Ubique’ nasce da una lettura dell’Apocalisse. Qui ci si cala in un delirio mistico in cui gli spettatori, per salvarsi, partecipano a una specie di lotteria, in cui chi estrae i numeri è l’angelo sterminatore. Padre Giulio, pur avendo viaggiato in tutto il mondo, conserva un accento di Ceglie Messapica (Brindisi), che ne esalta la tragicità grottesca. In scena è accompagnato da una spalla attoriale, Nyamekeye, detto Peppino, un frate trovato in Uganda”.
Asfalto, il teatro del delirio e del calcio in culo
Qual è il teatro che preferisci? “C’è un teatro che tenta di educare le persone a essere cittadini migliori; ce n’è uno che vuole migliorare i rapporti tra i sessi; c’è un teatro che strizza l’occhio alle istituzioni e predilige una narrazione civile, quasi da inchiesta giornalistica. Poi c’è quello per cui le persone di solito esclamano che ‘è stato un pugno nello stomaco!’. Io neanche questo cerco. Il mio teatro è espressione della paranoia e della rivolta alla noia e al vuoto che mi circondano. Desidero che il mio teatro funzioni come un calcio in culo, che sia una specie di sogno che la gente viene a vedere”.
Il sogno che vuoi raccontare è la versione aggiornata dell’avanguardia antiborghese del Novecento? Ha senso ancora provare a épater le bourgeois?
“No, adesso non ha assolutamente senso. Adesso c’è da affrontare il fatto che sta accadendo una fusione fra l’umano e qualcos’altro. Questo qualcos’altro non è detto che sia per forza negativo. L’essere umano sta veramente trasformandosi. Non voglio usare la parola ‘alieno’ o la parola ‘estraneo’, ma avviene una metamorfosi molto forte. Lo si vede da tutto, dalle relazioni umane alle relazioni amorose e all’amicizia. Tutte situazioni che stanno subendo degli stravolgimenti incredibili. Come esperienza, la maggior parte delle mie relazioni è totalmente virtuale. Ho pochissime relazioni umane. Tranne quelle che mi concede ancora il teatro. Ecco perché il teatro è anche una possibilità di farti conoscere persone sotto aspetti differenti da quelli del quotidiano, ma se non fosse per il teatro io vivrei nella più totale solitudine, nella più totale virtualità relazionale, amorosa, erotica”.
Queste trasformazioni portano anche un seme positivo? “Il fatto è che siamo in totale nevrosi capitalista. Ciò che ormai conta è soltanto l’acquisto, l’aspetto economico. La perdita di alcuni valori umani non è necessariamente un aspetto negativo, il problema, però, è che questo non sta portando a riscontri e rinascite, ma ha il solo effetto di accentuare gli aspetti del consumo, dalle merci alle persone”.
E in questo contesto di mercificazione estrema, il teatro che ruolo può svolgere? “Esso rientra in questi meccanismi di marketing, ma quando il teatro prova a raccontare altre dinamiche spesso resta inascoltato. Se il teatro cerca piccole ricompense come una retorica consolatoria, sociale, migliorativa, diventa inutile come non mai. A mio modo di vedere il teatro non deve ‘servire’, ma nascere solo ed esclusivamente dal proprio vuoto individuale, raccontare la propria esperienza su questa terra, trasfigurata, resa fantasiosa, quasi incomunicabile”.
Asfalto Teatro e il pubblico
Dopo aver teorizzato la ribellione, il sogno, la noia totale della provincia e l’inutilità del teatro compassionevole, è possibile comprendere qual è il pubblico ideale per Aldo Augieri? In fondo tra gli spettatori possono esserci i complici della noia che lo portano a scrivere.
”Mi piace che il pubblico che partecipa agli spettacoli non abbia idea di dove sia andato a cacciarsi per almeno metà dell’opera. In definitiva, è un pubblico che non viene preso per mano e accompagnato nella storia, ma ci si ritrova e non sempre riesce a indovinarne la dimensione. Amo quella lentezza, quella sorpresa quando non si sa bene dove si sta andando. Spero che il pubblico apprezzi il fatto di non aver visto né uno spettacolo popolare né uno spettacolo intellettuale, perché entrambe le anime sono fuse nel linguaggio che cerchiamo di sviluppare”.
Il processo creativo nel teatro di Aldo Gaetano Augieri
Non è difficile incontrare Augieri seduto sulle scale di una delle tante chiese del centro storico leccese, o magari al tavolino di un caffè. Sempre, irrimediabilmente assorto in una lettura. Gli chiedo se quello sia un modo per immergersi nelle voci della città e trarne qualche spunto.
“No, in genere – ha replicato – sono abbastanza estraneo a ciò che mi accade intorno. Escluso ‘Arrivano le bestie’, per il quale ho fiutato qualcosa nell’aria cercando di raccontare l’attualità a venire, di solito non parto mai da un accadimento reale, ma da un libro che mi ha colpito e che diventa il punto iniziale del processo, un biglietto per destinazione ignota. Sull’onda del testo che mi ha ispirato, nascono idee e suggestioni che compongono una sorta di scheletro drammaturgico, poi da lì comincia una seconda fase di confronto con gli altri autori di Asfalto, poi ci sono le prove, le improvvisazioni, quindi l’attore che crea ulteriori percorsi che diventano il testo definitivo”.
Asfalto e le istituzioni, un rapporto faticoso
Asfalto Teatro ha superato il traguardo dei vent’anni. Che cos’ha capito Augieri del rapporto tra il teatro e le istituzioni? “Ho capito che è un rapporto tossico: il mio genere di ricerca è poco finanziabile da soldi pubblici, perché non appartiene a una retorica che possa in qualche modo avere una funzione di educazione civica, dunque non è asservita né utile”.
E come può sopravvivere un teatro senza finanziamento pubblico? “Secondo me, chi fa teatro non dovrebbe vivere del teatro. Dovrebbe fare altro come mestiere e poi fare teatro, a meno che non abbia la fortuna di poter avere o guadagnare i soldi necessari per farlo. La cosa alla quale non si dovrebbe mai rinunciare è la libertà di azione, che per me è impagabile. Spettacoli come quelli su padre Giulio o Mamma, che racconta del soffocamento materno sui figli, non avrei potuto realizzarli con finanziamenti pubblici. Io non ho mai cercato questi finanziamenti, a me interessa vedere come si svolgerà la prossima idea”.
Nel momento delle proteste in favore dei lavoratori dello spettacolo, però, ti sei espresso controcorrente. C’era una richiesta di dialogo con le istituzioni, in quel momento, ma qual era e qual è il tuo obiettivo? “Pur comprendendo le necessità di tutti, in quel periodo mi è sembrato che le varie compagnie si concentrassero su una semplice richiesta assistenziale. Mi sarebbe piaciuto che le istituzioni avessero colto l’occasione dei fondi che arrivavano dall’Europa per fare sistema in modo diverso, per un dibattito di crescita, di nuovi orizzonti, per ridiscutere in senso più inclusivo la partecipazione al contesto culturale della città. Rimaniamo invece ancorati all’idea dell’evento folkloristico e delle cerchie, di chi sta dentro e di chi resta fuori”.
Un’idea inclusiva di teatro nella città
Perché Asfalto resta fuori da politiche culturali inclusive, secondo te? “Ti faccio un esempio: molti progetti, ormai, spingono a favore della lettura. Obbligare qualcuno a leggere libri non è cultura, è costrizione che spesso genera l’effetto opposto. Io ho conosciuto la lettura ammirando i miei amici che leggevano e seguendo i loro consigli. In ‘Antichi maestri’, Thomas Bernhard cerca di analizzare non solo i pregi di opere artistiche, ma anche i difetti e le cose che non gli sono piaciute. Ecco. Un altro aspetto terrificante della nostra cultura è il suo completo asservimento, la totale mancanza di uno sguardo critico. Tu non potrai mai dire qualcosa contro Carmelo Bene o altri maestri, perché a chi gestisce, propone o realizza eventi culturali interessa solo l’aspetto divulgativo. Invece la creatività e la curiosità nascono proprio quando cerchi di insinuare una riflessione critica.
Senza contare il fatto che i più grandi scrittori o registi teatrali hanno avuto spesso un rapporto conflittuale con questo territorio. “Esatto. Dell’autore oggi interessa solo l’appartenenza territoriale. Per rimanere alla nostra città, molti di loro sono dovuti andare via per crescere. Chi è tornato, come Bodini, lo ha fatto a malincuore. Chi è rimasto ha comunque prodotto cose grandiose perché il contesto gli era ostile, e a volte le loro opere non volevano essere comprese, tanto meno da chi operava sul territorio”.
Quali sono i tuoi auspici per il futuro? “Non vedo l’ora di portare in scena Ubique, perché sono curioso di vedere come si mettono in moto certe dinamiche nel pubblico, coinvolto nel pieno di un’apocalisse linguistica”.
Spettacoli e contatti
Asfalto Teatro di Aldo Gaetano Augieri è a Lecce, in via Birago, 60.
Augieri ha portato in scena spettacoli dal 2001 con Asfalto Teatro:
- Guai in un paese d’utopia (2001)
- Lo schiaffo del soldato (2005)
- La Caccia allo Snark (da Lewis Carroll, 2006)
- La Condanna (da Franz Kafka, 2008)
- Odradek (da Franz Kafka, 2009)
- Vecchio Angelo Mezzanotte (2010)
- Le bagatelle di Lady Macbeth (2011)
- H.H. La confessione di un vedovo di razza bianca (da Vladimir Nabokov, 2014)
- Scandalo negli abissi (da Louis-Ferdinand Celine, 2015)
- Storielle cliniche (2017)
- La Mite (2018)
- Gli altri Bambini (2018)
- Arrivano le Bestie (2019)
Dal 2018 ad oggi ha scritto diretto e portato in scena insieme a Simona Sansonetti e Giuseppe Vergori i seguenti lavori:
- Mamma (2018)
- Andrea Fortis (2020)
- Nusquam (2021)
- Ubique (previsto per il 2022).
Ha pubblicato i libri:
- “I singhiozzi di Jerry e Gunther” (Musicaos Editore, 2018).
- “F.R.A.C. – Foutons rapidement avant catastrophe. Fottimi rapidamente prima della catastrofe” (Musicaos Editore, 2020)
- “Le bagatelle di Lady Macbeth” (Milella Edizioni, 2014)