Gli spettatori assidui del Multisala Massimo di Lecce hanno già visto le sue opere da almeno tre anni. Tutti gli altri non hanno potuto fare a meno di notare le sei statue imponenti che si sporgono dal cornicione del Cantiere Hambirreria, sul frequentatissimo viale dell’Università.
L’autore di statue così realistiche è Matteo Greco, nato a Copertino (Lecce) nel 1988. Nato come artista visuale, si è poi formato nel campo degli effetti speciali per il cinema e il teatro a Milano, dove continua a lavorare, facendo la spola tra il Salento e la Svizzera.
È stato il primo ad aver introdotto la scultura pop in contesti altrettanto pop come cinema e locali nel capoluogo salentino. Proviamo a conoscerlo meglio.
Matteo Greco e il primo amore per il disegno
“I miei ricordi di me stesso da bambino mi vedono sempre con un foglio e una matita o una penna in mano. Disegnavo tutto ciò che colpiva la mia attenzione”.
Crescendo, Matteo perfeziona la sua tecnica: “Ho cominciato rubando, copiando i segni degli autori che mi piacevano, dagli albi di Topolino e Braccio di Ferro fino alle opere di Paolo Eleuteri Serpieri”.
Asseconda la sua inclinazione frequentando il liceo artistico con indirizzo Architettura e disegno geometrico, materie per le quali, però, non ha interesse, perché “ho un problema con le imposizioni e la scuola fa un po’ tutto questo”.
“Però ho appreso le basi del disegno e della pittura, e anche alcuni segreti, grazie a un professore in gamba”. Il resto del percorso lo compie da autodidatta.
Appena uscito fuori dalle superiori, comincia a lavorare come fumettista e art director per riviste e altri progetti locali.
“A un certo punto ho capito di dover andar via e crescere ancora”.
Matteo Greco, la scultura e gli effetti speciali
Nel 2015 Matteo si diploma all’Accademia professionale del trucco artistico a Milano. Comincia subito a lavorare per gli effetti speciali a teatro.
Prosegue approfondendo il campo complesso degli effetti speciali. Qui affina la tecnica che comincia a restituirgli un tratto riconoscibile nella scultura come nei bozzetti preparatori e nei disegni.
Lavora anche come scenografo ed effettista nei teatri lombardi. Nel 2019 torna a Lecce per realizzare alcuni progetti e rimane bloccato per la pandemia.
Matteo Greco: le sculture pop di a Lecce
La sua prima comparsa è per l’uscita del film Disney “Il Re Leone” al cinema Massimo, per il quale realizza un manifesto con la testa del protagonista in rilievo. Spopola sui social con le foto di tanti ragazzi che si mettono in posa.
È l’inizio di una felice collaborazione con l’unico multisala indipendente rimasto in città: “È stato più facile collaborare con un cinema che ha la sua sede e la sua anima nella stessa città e che non è un franchising. C’è molta più libertà e le decisioni non devono seguire filiere infinite. E i tempi per fare questo sono decisivi”.
Seguono le grandi realizzazioni del clown Pennywise per il film in due parti “It” e, più di recente, il Batman interpretato da Robert Pattinson: “Cerco di anticipare e di programmare le uscite più attese, perché per ciascun progetto possono volerci dai due ai tre mesi di lavoro. Ma Batman io lo adoro, così come ho adorato il film di Matt Reeves”.
Ottiene grande visibilità il rilancio del Cantiere, che dopo il primo lockdown si rifà il look presentando i sei operai che si sporgono dal cornicione. Se ne aggiungerà un’altra per gli interni del pub. Un lavoro che richiama la celebre foto del pranzo sulle impalcature del Rockfeller Centre di New York.
“Le sei statue occupavano l’intero spazio del mio laboratorio e ho imparato a conviverci per diversi mesi. Ognuna di loro ha un suo carattere, direi, com’è solito per me immedesimarmi nelle mie creazioni”.
Lavora anche fuori dal Salento, come nel caso dell’omaggio al Pinocchio di Matteo Garrone, ospitato nella Masseria Losurdo di Altamura (Bari), dove sono state girate diverse scene del film. Decolla anche la sua carriera come effettista.
Le sculture pop: metodo, materiali, ispirazione
“Il lavoro artigianale sulle statue occupa il mio tempo dalla mattina presto fino a sera, mi assorbe completamente e aumenta la mia misantropia, al limite della sociopatia. C’è un lato cupo, dark, che mi piace esplorare”. Così Matteo Greco sulla sua scultura pop.
“Il lavoro su Pennywise in questo senso è esemplare: l’anatomia, la postura grottesca, i bozzetti preparatori sono fondamentali. Ma la differenza la fa, poi, il saper cogliere un dettaglio della profondità del personaggio. In questo caso l’essere malefico ci interroga sui nostri lati oscuri, evoca le nostre paure più profonde”.
C’è l’anima in vetroresina, c’è il silicone che è molto vicino all’idea della carne, ci sono i dettagli in gesso, argilla e plastica. E poi ci sono i costumi: “A volte mi sono reinventato sarto perché era impossibile trovare vestiti per i miei personaggi, fosse anche solo per un piccolo risvolto”. Torna anche qui lo stile gotico e vittoriano del clown Pennywise.
Colpisce l’iperrealismo del lavoro di Greco, capace di evocare in carne e resina i demoni di Stephen King o l’epicità oscura dell’ultimo Batman, ma anche la quotidianità operosa delle statue del Cantiere.
L’ispirazione di Matteo Greco nasconde anche la sua aspirazione futura: “Ho sempre amato i lavori esposti al museo delle cere di Parigi Grévin. Le statue esposte, vive e vivide, mi sono sempre di grande ispirazione. E, chissà, in un futuro potrei esporre tutte le mie creazioni in un posto simile. Sarebbe fantastico”.