Carmen Rampino: a Lecce ha lasciato la sua bottega di fronte alla celebre basilica di Santa Croce, dedicandosi solo ai lavori su commissione. Dopo trentacinque anni, nei quali ha contribuito a dare lustro e a innovare l’artigianato di Lecce, l’artista della cartapesta,
“Il mondo dell’artigianato era cambiato tantissimo nel giro di poco tempo e ormai si faceva fatica ad andare avanti, così ho deciso di prendere una pausa poco prima dello scoppio della pandemia e poi di chiudere del tutto”, racconta Rampino, passando poi a rievocare i tempi di una Lecce che aspettava un nuovo boom.
Carmen Rampino, storia di un’innovatrice nell’arte della cartapesta
Nella seconda metà degli anni Ottanta la vivacità culturale a Lecce era una cosa diversa e in netto contrasto con l’aria che si respirava nel centro storico. Oltre il confine della moderna Piazza Mazzini e di via Trinchese, luoghi della prima movida e dei giovani “yuppies”, il clima diventava malfamato e incerto, ma qualcuno aveva subodorato la rinascita.
Cosa si ricorda Carmen Rampino di quel periodo? ”Chi aveva i quattrini cominciava ad acquistare abitazioni in centro. Io presi la piccola bottega vicino Santa Croce. Per chiudere la sera, in quel periodo, ci venivano a dare voce i titolari della libreria ‘Arching’, che ora non c’è più, e del vicino tabaccaio, per andare via insieme in sicurezza”.
E come ci è arrivata Rampino ad aprire una bottega di cartapesta in centro? “Avevo già trovato casa a Roma, dove mi ero iscritta alla Facoltà di Architettura. Era tutto pronto. Prima di partire, un amico mi portò a vedere la bottega di un falegname e serigrafo. In una stanza c’erano delle sculture in cartapesta che mi colpirono. Desideravo apprendere di più su questo materiale, ne rimasi affascinata. Non mi colpivano molto le statue sacre, ma il fatto che da quel materiale povero poteva nascere di tutto. Quindi mi sono accostata a questa materia e ho deciso di restare e lavorare lì, prima di aprire in centro”.
Non ti colpivano le statue sacre e infatti sei stata la prima a innovare sia il metodo che la rappresentazione della cartapesta, vero? “Per molti colleghi ero quella che ‘perdeva tempo’ con raffigurazioni meno richieste della scultura sacra. Ma per indole desideravo raffigurare altro. Mi piacevano molto le bambole, ho realizzato quadri in rilievo – prima contestati, poi copiati – monili, danzatrici di pizzica, lavoratori di ogni tipo, compresi quelli ripresi dal celebre Quarto Stato. Ogni anno, dal 25 aprile al 1 maggio, allestivo la mia ‘vetrina del Lavoro’ con soggetti ripresi proprio dall’ambiente salentino”.
E le figure del presepe, i contadini o gli angeli? “Ho realizzato molti tipi di contadini, ma presi dalla realtà salentina e non dall’immaginario del pastore montanaro sofferente. Meglio le tabacchine o i pescatori delle nostre parti. E allo stesso modo gli angeli, che in realtà mi piacciono molto. Cambiano anche le tipologie di angelo, a seconda del numero di ali e di altri accessori. E non disdegno il presepe, ma ho bisogno di reinterpretarlo. Una Maria che allatta Gesù con il seno scoperto, oppure scene della Sacra Famiglia in cui è Giuseppe che bada al Bambino”.
Gli anni Novanta e la rinascita dell’arte della cartapesta a Lecce
Pochi anni dopo aver aperto la sua bottega in centro, arrivano anche per Carmen Rampino i benefici del Piano Urban, predisposto dal sindaco Stefano Salvemini e avviato dalla sindaca Adriana Poli Bortone: “Quella grande opera di riqualificazione ha cambiato del tutto la città e la sua dimensione. Siamo rinati, abbiamo conosciuto un turismo, anche di massa, ma sensibile al nostro lavoro”.
“È stato un periodo bellissimo per l’artigianato e un po’ per tutto. Un grande lavoro fu svolto dalla Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) e da Confartigianato, oltre al Consorzio Artigiani che avevamo formato. Funzionava tutto meravigliosamente, anche grazie all’impegno della Camera di commercio. Realizzai esposizioni e mostre ovunque in Italia e nel mondo. Siamo stati in Russia, in Spagna, in Olanda, negli Usa. Io partecipai anche a una seguitissima puntata della trasmissione Rai, Geo&Geo, ed ebbi un ritorno clamoroso”.
Dopo l’idillio durato fino al primo decennio del Duemila, però, le cose si sono fatte più complicate: “Grazie alla riqualificazione avevano riacquistato centralità molte botteghe artigiane e qualcun’altra aveva aperto. Ma quando la ristorazione e la ricezione hanno preso il sopravvento, è stato molto difficile mantenere precise regole del lavoro artigiano. Molti negozi hanno aperto con l’intenzione di vendere prodotti realizzati in serie. In tanti hanno dovuto chiudere”.
Un percorso nell’artigianato della cartapesta a Lecce
Tra gli artisti che invece resistono, tutti nel centro storico, Rampino nomina alcuni maestri riconosciuti in città:
- Carmen Rampino Oggetti in cartapesta
- Laboratorio della Cartapesta – di Marco Epicochi
P.za del Duomo, 18, 73100 Lecce - Mario di Donfrancesco
Via Francesco Antonio D’Amelio, 1, 73100 Lecce LE - La Cartapesta – di Santino Merico
Via Umberto I, 20, 73100 - Terra Carta Fuoco – Laboratorio di Cartapesta di Stefania Guarascio,
Via dei Perroni, 20, Lecce - Cartapesta – Studio d’Arte, di Maurizio Cianfano
Via Tufo, 7, 73100 Lecce LE - Cartapesta Leccese Baldari
Vico Sferracavalli, 7
La tradizione della cartapesta leccese
Vittorio Bodini, poeta leccese e grande ispanista, è stato sempre un critico della vita salentina barocca e delle vie in cui essa si rappresentava anche per veicolo della noia. Non sfugge a questa visione nemmeno la cartapesta. Così scrive, raccontando una verità parziale sulla rivista “Omnibus”: “La cartapesta è figlia della noia leccese. Basta solo vedere dov’è nata, nelle botteghe dei barbieri”.
Non è andata proprio così, però, perché si hanno notizie della cartapesta come tradizione mutuata dal Regno di Napoli già nel 1647, quando la marchesa di Cavallino (allora Caballino), lontana parente dell’archeologo e patriota ottocentesco Sigismondo Castromediano, riportava da Napoli un’antica raffigurazione della madonna in cartapesta. Testimonianze simili furono raccolte anche dal critico Alfredo Panzini.
A Napoli la cartapesta era già in uso, a quei tempi, per le maschere teatrali e per la scultura sacra. Diversamente da quanto sostenuto da Bodini, infatti, è molto probabile che i barbieri avessero copiato il mestiere agli scultori di tradizione napoletana.
Gli antichi maestri della cartapesta leccese
Numerose testimonianze riportano l’uso della cartapesta a Lecce per manifestazioni popolari tardo-cinquecentesche. E quando i barbieri si confederarono, nel 1841, esisteva già da un decennio un dizionario enciclopedico che riportava il termine francese “papier maché” per indicare la cartapesta, divenuta tecnica autonoma da almeno un secolo anche in territorio salentino.
La prima opera riconoscibile e realizzata da un maestro locale, Mauro Manieri, è il controsoffitto della chiesa di Santa Chiara, realizzato in pezzi e montato sul posto per sostituire l’opera in legno, molto più costosa.
La figura quasi epica di cui si trovano le prime documentazioni certe è Pietro Surgenti (1742-1827), detto Pietru te li Cristi, che nel 1782 realizzò una statua di san Lorenzo nell’omonima chiesa di Lizzanello (Lecce). Costui era appunto un barbiere, che diede il via alla “scuola” riconosciuta dell’arte della cartapesta in città. Da lui imparò il mestiere Angelo Raffaele De Augustinis, detto Lu Chitarra, che a sua volta lo trasmise a Luigi Guerra. Un altro grande nome dell’Ottocento artistico leccese è Antonio Maccagnani.
Con Achille De Lucrezis, Luigi Guacci, Giovanni Colella e il prolifico Giuseppe Manzo si arriva a languire e ispirare il Novecento della cartapesta.
Poiché questo genere di arte era stata favorita dai gesuiti, fu osteggiata dalle altre correnti nell’area del cattolicesimo e messa in secondo piano da papi, vescovi e altre figure apicali. Costoro consideravano troppo povera la cartapesta rispetto al marmo e la giudicavano inadatta alle celebrazioni. Questo ostracismo durò fino alla prima metà del Novecento.
I maestri moderni della cartapesta leccese
Il secondo Novecento a Lecce ha visto rifiorire l’arte della cartapesta come pratica artistica riconosciuta e ricercata in tutto il mondo.
L’elenco dei nomi più accreditati può essere solo parziale e attraversa quasi un secolo di storia. Si tratta dei maestri che hanno raccolto l’eredità dei pionieri.
Luigi Guacci, prolifico e geniale, avvia una vera e propria scuola. Ne raccoglie il testimone Antonio Malecore, scomparso nel 2021 a 98 anni, e le generazioni dei Gallucci, dal capostipite Cesare ai figli Attilio e Carmelo, quest’ultimo scomparso anche lui nel 2021 a 93 anni. Anche i fratelli Colella sono stati al centro di una grande attenzione, sebbene si siano attirati molte critiche per aver ideato una resina plastica che rendeva le lavorazioni uniche e richiestissime, ma forse qualcosa di diverso dalla cartapesta originale.
Carmen Rampino a Lecce, che cos’è la cartapesta e come si lavora in modo artigianale
Proprio la questione della lavorazione è un nodo cruciale per la distinzione tra l’artigianato e qualcos’altro.
Torniamo a parlarne con Carmen Rampino, provando anzitutto a indagare il suo metodo di lavoro, dopo aver già approfondito l’innovatività del suo tratto e dei soggetti rappresentati.
“Cartapesta è un termine mutuato dal francese papier mâché, letteralmente una carta artistica che si realizza pestando e sfilacciando diversi oggetti, tra cui fili di cotone, carta di giornali e altro. Io ho cominciato solo di recente a farmela così, perché prima mi rivolgevo a una cartiera nel Napoletano, che realizza dei fogli artistici meravigliosi”.
“Quando questo miscuglio era pestato per bene, fino a ridursi in una poltiglia, la si metteva nei calchi, assorbendo con spugne o simili tutta la parte acquosa. Quando il pezzo è ben asciutto, viene fuori il vestito o il volto del soggetto che si vuole creare”.
“Questo punto lo si modella sul calco di un manichino che di solito è realizzato con una struttura in ferro e tutto intorno possibilmente della paglia. Ma se non si trovava la paglia, anche nelle statue antiche di cartapesta è stato trovato di tutto, dal gesso alla sabbia”.
“Le parti come le mani vengono realizzate quasi sempre in terracotta con una cottura apposita. Le singole parti vengono poi unite con la colla di coniglio e il procedimento non è per nulla semplice”.
L’aspetto innovativo nel metodo di lavoro di Carmen Rampino sta nel realizzare soggetti plastici anche con il metodo tradizionale, di rendere vividi i colori nonostante la lavorazione rigida e nell’essere riuscita a modellare monili e quadri in rilievo con la stessa tecnica.
Con i tempi giusti e la meticolosità della lavorazione non è difficile immaginare perché Rampino sia stata selezionata da Confartigianato per realizzare i volti in cartapesta dei modelli presenti nella Reggia di Racconigi (Cuneo) per rappresentare i reali e i nobili della storia piemontese e italiana. “Fu un lavoro di una precisione incredibile. Prima dell’era di internet venivo contattata di continuo dai direttori artistici per spedire le foto della fase della lavorazione, che realizzai a mano, basandomi sulle raffigurazioni che mi venivano inviate. Venne fuori davvero un grande lavoro di cui sono molto soddisfatta”.
Carmen Rampino e i consigli per chi acquista oggetti in cartapesta
Carmen Rampino, come giudichi il futuro di questo lavoro artigianale e artistico?
“Anzitutto bisognerebbe mettersi d’accordo su qual è davvero il lavoro artigianale. La presenza di troppi interessi contrastanti non ha portato a un canone condiviso”.
A cosa ti riferisci di preciso? “Come dovremmo valutare i lavori realizzati con la stampante 3D, per esempio? Il progetto per la Reggia di Racconigi di cui ho appena parlato sarebbe venuto fuori in poche ore e non in mesi, presumo. Ma a quel punto la sapienza artigianale dovrebbe stare nel realizzare un disegno digitale o nel modellare ad arte un materiale caratteristico?”.
“E ancora: tanti tutorial sul web mostrano come realizzare la cartapesta utilizzando un materiale di pura cellulosa come la carta igienica, che in effetti macera subito e anzi a volte resta troppo umida. E negli stessi tutorial si usa la colla vinilica invece di quella di coniglio, perché è più semplice da usare, ma con caratteristiche del tutto diverse”.
Certo, a un occhio inesperto tutte queste cose potrebbero sembrare indifferenti. Qual è il primissimo consiglio che si può dare a chi volesse acquistare un oggetto davvero artigianale? “Se non si tratta di un ordine da realizzare su richiesta, la prima cosa cui suggerisco di fare attenzione è l’unicità del pezzo. Se molte statue o soggetti sono realizzati in serie sarà facile individuarlo. Lo stesso per le parti in terracotta, come le mani. Se sono identiche e nella stessa posizione, non state acquistando un pezzo unico”.
Qual è l’auspicio per continuare a mantenere viva la tradizione dei lavori in cartapesta a Lecce? “Auguro soprattutto che l’Accademia di Belle Arti leccese vi dedichi un corso autonomo. Solo in questo modo sarà ancora possibile creare arte consapevolmente”.